Quasi tutto al giorno d’oggi è destinato a cambiare: anche imprese apparentemente incrollabili in modo sempre più frequente sono infatti soggette a periodi di crisi, dovute a fattori sia proprietari che esterni, come abbiamo assistito sopratutto in questi ultimi due anni costellati dal Covid. Insomma, è indubbio che un terreno abbandonato non rappresenti un simbolo di prosperità e ricchezza per il paese ma dietro un’opportuna rivalutazione e con un po’ di programmazione può senz’altro arricchirci.
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Come fare? E’ essenziale comprendere le potenzialità sia della zona, sia del terreno in se: questo può essere più o meno adibito alla coltivazione e può essere teoricamente utilizzato anche per altri fini. In un contesto occidentale che prevede la nascita e lo sviluppo di imprese indipendenti, che non richiedono un dispiegamento di denaro particolarmente incidente, magari sfruttando strutture e coltivazioni bio, è possibile crearsi una “nicchia”, magari puntando su prodotti ancora considerati “esotici”. In molti infatti hanno investito parte dei propri risparmi in apprezzamenti di terra, convertendoli in coltivazioni di vario tipo: bacche di goji, aloe vera, funghicultura di vario tipo, solo per fare qualche esempio.
Inoltre esiste la possibilità di sviluppare un’arnia, ossia un allevamento di api da miele, acquistandole preventivamente, sfruttando metodologie della produzione di miele di tipo artigianale. Interessante anche l’idea, se il terreno è effettivamente “fuori mano”, di convertirlo a “fattoria didattica“, oggi particolarmente in voga.
E’ ovviamente essenziale prima di tutto “prendere possesso” di un territorio, magari chiedendo al comune quelli effettivamente inutilizzati e “non reclamati” da nessuno: è possibile utilizzare questi territori a titolo “gratuito” e dopo 10 anni il terreno diventerà automaticamente nostro per usucapione, se non preventivamente reclamato da qualcun altro. Esiste ovviamente la possibilità di acquistare un terreno oppure ritrovarselo tramite donazione oppure attraverso un testamento.