Oggi 28 novembre si festeggia San Giacomo della Marca che nacque a Montemprandone, provincia di Ascoli Piceno, da famiglia povera. Studiò in varie città delle Marche e dell’Umbria. Fu anche maestro di scuola. A vent’anni entrò in religione conquistato dalla bellezza dell’ideale francescano. Il suo primo maestro fu S. Bernardino da Siena. Come lui predicatore, lo imitò nella preghiera, nella remissione. Finanche nella santità.
La sua vita, dal lato umano, è un romanzo d’avventure. Girò l’Europa. Specialmente l’Italia, l’Ungheria, l’Austria, la Boemia. In alcuni paesi fondò pure dei conventi. Ovunque predicò e combatté eresie, sempre obbediente alla volontà del Pontefice, che lo spostava da una regione all’altra. Ma il suo principale campo di lotta fu l’Italia. Qui il Santo vi combatté la setta dei “Fraticelli” All’Aquila, dove era andato per venerare il suo amato maestro S. Bernardino. Pregando nel nome di Gesù, ottenne sulla pubblica piazza una sessantina di miracoli. Andato a Napoli vi morì poco dopo, il 18 novembre 1476.
La sua penitenza in vita

Santo Giacomo per più di trent’anni girò per città e villaggi a predicare, mangiando solo un tozzo di pane, poche fave e qualche cipolla. La portava sempre con sé nella sua misera borsa. S. Bernardino gli raccomandava spesso di nutrirsi e lo esortava a mangiare un poco di minestra. Lui però non voleva e continuava a digiunare ogni giorno. Dormiva pochissimo. Gli erano sufficienti un paio d’ore per sera. Si svegliava sempre quando gli altri andavano a riposare. Per dieci anni portò il cilicio sulla carne.
Durante tutta la sua vita di religioso osservò la castità in modo perfetto. Tuttavia fu tormentato per ben trent’anni da forti tentazioni. Ne fu liberato dalla Vergine di Loreto. Nelle sue peregrinazioni fu imprigionato varie volte, assalito e malmenato dagli eretici. Eppure non desistette mai dai suoi propositi. Non mostrò mai rancore verso i suoi nemici e li perdonò, pur combattendo strenuamente i loro errori.
Nella vecchiaia fu travagliato da diversi mali, tanto che per sei volte gli venne amministrata l’Estrema Unzione. Ma tutto sopportò con rassegnazione e quasi con gioia, per imitare Gesù anche sul Calvario. Edificava sempre chi lo assisteva con la sua umiltà e preghiera. Nell’ultima malattia, sentendo ormai l’avvicinarsi della morte, chiese i sacramenti e si spense nel nome di Gesù invocando dai presenti il perdono dei suoi errori.