Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha pubblicato un tweet dal suo profilo ufficiale in cui attacca a viso aperto Apple per la mancata collaborazione nello sblocco degli iPhone di “pericolosi criminali”. Negli Stati Uniti la questione ha una lunga storia ed è particolarmente sentita. Sono diversi mesi che membri del governo e del congresso statunitense chiedono ad Apple di aiutare la polizia a sbloccare gli iPhone di soggetti ritenuti pericolosi.
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We are helping Apple all of the time on TRADE and so many other issues, and yet they refuse to unlock phones used by killers, drug dealers and other violent criminal elements. They will have to step up to the plate and help our great Country, NOW! MAKE AMERICA GREAT AGAIN.
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 14 gennaio 2020

Il tono del tweet è minaccioso, come spesso avviene per il presidente Trump. Queste le sue parole: “Stiamo aiutando Apple in ogni modo sul mercato e su tante altre questioni. Eppure ancora si rifiutano di sbloccare i telefoni usati da assassini, spacciatori di droga ed altri elementi violenti e criminali. Dovranno fare un passo in avanti e aiutare la nostra grande nazione. Adesso! Rendiamo di nuovo grande l’America”.
Una richiesta, però, ritenuta altrettanto pericolosa da Apple. L’azienda ha sempre risposto presente alle domande di chiarimento su questa possibilità e sul perché venisse negata. Apple ha sempre risposto che non esista una “porta secondaria” per l’accesso agli iPhone, perché se esistesse potrebbe essere usata non solo dai “buoni”, come la Polizia o le forze di sicurezza, ma anche da hacker e malintenzionati. Apple considera l’iPhone un dispositivo personale che consente all’utente di agire in massima sicurezza. E aprire falle nei dispositivi dei criminali comporterebbe generarle anche per le persone che non hanno commesso reati.
La collaborazione di Apple con l’FBI ha, fino a questo momento, fornito agli agenti delle forze di polizia diversi gigabyte di informazioni in possesso dell’azienda. Ma lo stop arriva sistematicamente quando si tratta di “forzare” gli iPhone. Con il terrorista di San Bernardino l’FBI aveva poi risolto la questione in modo autonomo, ma la polizia federale è tornata a chiedere aiuto per l’attentato di Pensacola. In questa occasione un sottotenente dell’aviazione saudita, Mohammed Alshamrani, ha sparato e ucciso tre soldati della marina statunitense di stanza in una base militare della località della Florida.
Gli esperti di sicurezza comunicano che gli apparati governativi sarebbero comunque in grado di hackerare i dispositivi sfruttando alcune falle di iOS, il sistema operativo Apple, in base alla versione installata.
Da Cupertino prosegue invece la totale chiusura rispetto alla richiesta della creazione di una backdoor negli iPhone. Che, come già spiegato, metterebbe a repentaglio la privacy di milioni di persone in tutto il mondo. Sia per le capacità degli hacker, ma anche per le possibilità di controllo che a quel punto i governi di tutto il pianeta avrebbero sulle persone proprietarie di un iPhone. Illuminanti le parole conclusive del comunicato della Apple in merito alle notizie diffuse nelle scorse ore. Le proponiamo qui ai lettori di Techcave.it.
“Abbiamo sempre sostenuto che non esiste una backdoor solo per i buoni. Le backdoor possono essere sfruttate anche da coloro che minacciano la nostra sicurezza nazionale e la sicurezza dei dati dei nostri clienti. Oggi le forze dell’ordine hanno accesso a più dati che mai nella storia. Quindi gli americani non devono scegliere tra indebolire la crittografia e risolvere le indagini. Riteniamo che la crittografia sia di vitale importanza per proteggere il nostro paese e i dati dei nostri utenti”.